“Il mio obiettivo è crearmi una vita da cui non serva prendermi una vacanza.”
R. Hill
La prima volta che pensai quanto sto per dire, avevo 18 anni. Siccome quando si è giovani, molte (troppe) cose si fanno al contrario, io che sono nata e cresciuta al mare, decisi di andare a trascorrere 10 giorni a Roma. In agosto. La settimana di Ferragosto.
A 31, più furbamente, andai a Zanzibar*, in un villaggio di pescatori, dove le comodità scarseggiavano, ma la bellezza e la genuinità no. Le foto, con cui ho pensato di creare qualche bella (spero) pausa visiva, sono proprio di quel viaggio.
Domanda (ancora valida) di un’allora diciottenne
Tornando all’avventura romana, dovete sapere che anche trovare un litro di latte si rivelò una vera “mission impossible”. Nel senso che proprio non ci riuscimmo. Neanche un bar aperto nella zona, che non era affatto periferica, o in quelle limitrofe.
Fu allora che una giovane donna, io, ancora nel sistema scolastico, con la mente (in teoria) per tre mesi in vacanza, ma cresciuta in un posto di mare e in una famiglia allargata di commercianti, si pose una domanda che forse sembrerà banale:
Esiste un altro paese, in questa parte del mondo che si reputa evoluta e civilizzata, in cui i più pensano che mettere tutto in pausa, per un mese o poco meno, non abbia ripercussioni?
Penserete, come tutti, come me: boh, ma d’altronde funziona da sempre così, qui. In Italia.
Dopo essere entrata nel mondo del lavoro, mi sono trovata molte volte a dover trovare una soluzione per compensare questo “stallo”. Uffici chiusi. Uffici aperti, ma personale “inattivo” (cerebralmente intendo). Negozi chiusi. E via così.
Certo, la situazione non è più come 22 anni fa, almeno per la spesa ci sono i supermercati e i centri commerciali, che non chiudono mai. Ché andrebbe pure bene, se non lo facessero spremendo i quattro commessi che assumono. Ma io continuo a pormi quella domanda in neretto, messa più su. E continuo ad avere la sensazione che, in questo tanto agognato mese d’agosto, noi italiani ci sentiamo legittimati, quasi in obbligo direi, a sospendere tutto. A volte anche la capacità di pensiero.
22 anni dopo, ancora non ho capito
E un dubbio mi gira nella testa, senza trovare una via d’uscita, o una soluzione. Davvero crediamo che il mondo resti fermo, un mese, ad aspettare noi? O forse il problema non ce lo poniamo proprio, noi? Noi, che torniamo salati e abbronzati, con una certa lentezza, alle nostre attività e che prima di metà settembre del tutto connessi non lo siamo mai.
Con questo non voglio sostenere che non si debba andare in ferie, ci mancherebbe. E non sono d’accordo nemmeno con la frase con cui ho aperto il post, quella di R. Hill (almeno pare che sia sua, ma non garantisco).
Bisogna andarci, in vacanza, eccome. Bisogna ritagliarsi dei tempi in cui coltivare i propri hobby, stare con la famiglia, con gli amici, stare un po’ da soli con se stessi, godersi la musica, immaginare cose nuove, sperimentare, viaggiare, stare fermi, dormire di più, rilassarsi, pensare senza ansia. Bisogna andare in vacanza, anche più di una o due settimane all’anno. Magari 3 mesi, come quando si era studenti, ma dovremmo farlo con un po’ più intelligenza.
*Ah, se non siete mai stati a Zanzibar, andate, merita. Però non fate come me, che per seguire questa moda di andare per forza in ferie quando vanno tutti, sono partita a Ferragosto. Lì il momento più bello, in cui il clima è migliore e potete godervela di più, è verso dicembre. Quindi, se l’idea vi attira, pianificate ferie differenti da quello che il mood italiano suggerirebbe.
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