“Noi abbiamo avuto il privilegio di nascere a Roma,
e io l’ho praticata come si dovrebbe,
perché Roma non è una città come le altre.
È un grande museo, un salotto da attraversare in punta di piedi.”
Alberto Sordi
A volte non vediamo la fortuna che abbiamo a vivere in Italia, e l’inestimabile valore di Roma. La sporchiamo, la maltrattiamo, andiamo sempre nei soliti posti, apriamo la bocca per criticare tutto quello che non va e chiudiamo gli occhi davanti alle sue bellezze.
Per fortuna non è sempre così, ed esistono molte realtà che lavorano ogni giorno per valorizzare il patrimonio che abbiamo ereditato. Il FAI e le sue delegazioni locali, tra cui quella romana, organizzano eventi e aperture gratuite di siti altrimenti accessibili solo in alcune occasioni, o a pagamento.
Se mi leggete da tempo sapete che non parlo di cose che non conosco, come architettura o storia dell’arte, che non mi piace fare copia-incolla, ma preferisco segnalarvi siti dove trovare notizie, e infine che uso solo contenuti miei, fatta eccezione per qualche fotografia. Sono convinta che non si possano fare bene due cose contemporaneamente, e durante la visita (di cui a breve leggerete) io ero impegnata a fare le foto.
Penserete “e quindi?” E quindi questa volta ho chiesto a un amico, e volontario del FAI, di darmi una mano. Per i dettagli storici e le descrizioni il mio ringraziamento va a Enrico Schiavulli.
Consigli dalla regia: se volete vedere belle fotografie di monumenti e beni culturali, corredate da informazioni interessanti, vi consiglio di seguire il suo profilo Instagram.
Gli eventi del FAI
Durante l’anno ci sono diversi appuntamenti del Fondo Ambiente Italiano a cui non si dovrebbe mancare. Le grandi campagne, come le giornate FAI di Primavera e quelle d’Autunno, le iniziative per le scuole, i CosaFAIOggi e i CosaFAIStasera – di cui ho già scritto. Oggi vi parlo del CosaFAIStasera che il 12 luglio ha chiuso gli appuntamenti per questa stagione romana. Tranquilli, torneranno nuovi eventi appena finite le vacanze!
12 luglio: visita al convento di San Bonaventura
Lo scorso venerdì, nel cuore di Roma, il FAI ha portato oltre settecento persone alla scoperta del Convento Di San Bonaventura al Palatino. Un luogo suggestivo in uno scenario unico, e reso ancora più incantevole dalle ultime luci del sole che tramontava.
Proseguendo nella lettura conoscerete meglio questo luogo posto in cima alla Via Sacra, e da cui si gode della vista panoramica sul Colosseo e il Colle Oppio, sui Fori Imperiali, sull’Altare della Patria, insomma sulle bellezze della Roma antica.
Un po’ di storia
Il piccolo complesso di San Bonaventura al Palatino – che comprende una chiesetta e parte di un monastero sopravvissuto agli interventi archeologici – era noto come “San Bonaventura alla Polveriera”. Per 300 anni lì vicino ci fu una fabbrica di polveri da sparo, poi trasferita al Colle Oppio nel 1809. Il complesso nacque in epoca barocca grazie alla famiglia Barberini, ed è dedicato a San Bonaventura da Bagnoregio (1221-1274), padre francescano divenuto in seguito ministro generale dell’ordine.
Il convento a lui dedicato nacque per impulso di un altro Bonaventura, lo spagnolo Michele Battista Gran. Rimasto vedovo entrò come fratello laico nell’ordine francescano, e prese il nome di Bonaventura da Barcellona (in seguito la Chiesa lo dichiarò Beato). Si occupò della costruzione di molti luoghi di ritiro, questo fu l’ultimo e il più importante, ed era noto per la sua rigidità e semplicità. Ciò si riflette anche sull’architettura sobria e le dimensioni ridotte delle celle e delle finestre.
Un’altra figura è importante per questo complesso, e si tratta di un Santo: San Leonardo da Porto Maurizio. Famoso predicatore, fu a San Bonaventura dal 1730 in poi. Grazie a lui il Colosseo è giunto ai giorni nostri; egli decise di installare proprio lì la via crucis e fermare così i saccheggiamenti che stava subendo l’Anfiteatro Flavio.
Lungo la via che sale a San Bonaventura ancora oggi ci sono le edicole posizionate per suo volere. Sono gruppi di terracotta dipinta dentro nicchie chiuse da grate e costituiscono una suggestiva via crucis. Antonio Bicchierai realizzò le originali, poi sostituite nel 1772 dalle attuali.
La chiesetta e il coro
Edificata nel 1675, deve il suo aspetto un po’ anonimo ai lavori di rinnovamento della seconda metà dell’ottocento, in cui aggiunsero la facciata esterna e il soffitto voltato che sostituiva l’originario (finto cassettonato). La facciata, con la discreta e solitaria decorazione della statua che rappresenta San Bonaventura, risale ai primi anni del XIX secolo, e fu opera del Cardinal Tosi. Ai piedi del santo c’è un’iscrizione che aiuta a identificarlo, ma gli attributi iconografici sarebbero stati sufficienti. San Bonaventura, come dottore della chiesa, viene sempre raffigurato con un libro in mano, e il suo cappello cardinalizio è spesso a terra in segno di umiltà.
Spostandoci all’interno, troviamo il presbiterio diviso da tutto il resto da un grande arco, ossia la parte sporgente della volta. La navata è unica, e, oltre all’altare maggiore, ci sono due altari per lato.
Sempre ai lati troviamo le cappellette dedicate a San Francesco e a Sant’Antonio da Padova. Sono diverse le opere presenti nella chiesetta; tra gli oggetti personali del santo c’è la Madonna del Bell’Amore, regalata dall’amico e pittore Sebastiano Conca.
Nella seconda metà dell’ottocento la chiesa visse un rinnovamento, mentre l’antico convento conobbe un dimezzamento. La cella di San Leonardo, per essere salvata, fu demolita e ricostruita in un ambiente decontestualizzato scampato al piccone, nel bel mezzo di un corridoio.
Salendo le ripide scale del convento si accede al Coro. Qui troviamo un’altra opera raffigurante la Madonna, quella di Pompeo Batoni.
Il laboratorio
Salendo ancora di un piano, arriviamo nel locale che deve essere stato la biblioteca del convento. Ora è lo studio del padre francescano e artista Sidival Fila. Affacciandosi dalle due finestre si possono scorgere i più famosi edifici della città eterna da una prospettiva inedita, sorretti ed elevati da queste mura barocche, che hanno le proprie fondamenta su costruzioni più antiche.
San Bonaventura si trova sopra una cisterna ancora esistente dell’Acquedotto Claudio. Questo era il grande acquedotto che portava l’acqua dalla valle dell’Aniene fino a Porta Maggiore. Nerone ordinò la costruzione delle diramazioni che arrivarono così fino al Celio, mentre a Domiziano si devono quelle che raggiunsero il Palatino.
Il giardino
La visita si è conclusa tornando al piano terra dove c’è una bella fontana posta al centro di un suggestivo corridoio vegetale con affaccio mozzafiato sul Colosseo. Questo meraviglioso guardino ci restituisce l’immagine di come dovevano essere gli orti e le vigne che circondavano la piccola città della Roma papale. Ci regala l’immagine di una “Roma sparita”, che qui sembra essere sopravvissuta magicamente fino ai giorni nostri.
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