“È tutt’altro facile a dire se la natura si sia dimostrata per l’uomo una madre generosa o una spietata matrigna.”
Plinio il Vecchio
Mascioni: tra neve, ghiaccio e zona rossa
Una telefonata e subito si parte
Squilla il telefono. È una cara amica e rispondo subito.
“Ciao Lu’, che bello sentirti.”
“Ciao bella mia, come stai?”
“Io benone e tu?”
“Al solito tutto bene. Ho una proposta per te che sei sempre pronta a partire.”
“Dimmi tutto.”
“Vieni con me a fare un giro e un po’ di foto a Mascioni. È il paese di mio padre, sta in Abruzzo. È uno dei borghi colpiti dal terremoto – un’altra volta – e per giunta sommerso dalle forti nevicate.”
“Ma scherzi, e me lo chiedi pure? Certo che andiamo, andiamo a vedere con i nostri occhi come sono messe le case, le cose, le persone.”
Perché l’inverno quest’anno…
È tornato ed è deciso a farsi sentire, in alcuni posti molto più di altri. E parecchi borghi, comunità montane e paesi dell’Italia centrale erano già provati dalle forti scosse di terremoto. Mica ce li siamo già scordati i terremoti che ci hanno colpiti, vero?
A distanza di parecchio tempo, la neve ancora resiste e i danni dei terremoti sono lì, a ricordarci e ripeterci quanto siamo fragili. Ma a noi l’inverno piace e il freddo non ci fa paura – sì, il terremoto sì, ma siamo fiduciose –, quindi siamo andate a vedere con i nostri occhi questo paese che si chiama Mascioni e che affaccia sul lago di Campotosto.
Campotosto e dintorni
Su questo lago, nella Valle del Vomano (Abruzzo settentrionale), affacciano pochi centri abitati. Il comune di Campotosto, da cui prende nome il lago, Mascioni – la nostra meta – e Poggio Cancelli. Queste ultime sono entrambe frazioni di Campotosto, la prima dà il nome al ramo meridionale del lago, la seconda a una delle tre dighe. Queste dighe hanno permesso, intorno agli anni quaranta, la creazione del bacino artificiale più grande d’Abruzzo (oltre Poggio Cancelli ci sono Sella Pedicate a sud e Rio Fucino a est).
In ultimo, non devo dimenticare Ortolano, un piccolo aggregato che alla fine dell’Ottocento è stato inglobato nel comune di Campotosto.
Il piccolo borgo sul lago
Piccola parentesi. Ho dimenticato di presentarvi la mia amica: si chiama Luana, è originaria di questo bellissimo paese e alcune delle foto che vedete sono sue.
Scendendo le curve che portano al lago, abbiamo notato che buona parte era ancora ghiacciata. Proseguendo, attraversato il ponte che unisce le due sponde, siamo arrivate finalmente a Mascioni. Questo piccolo borgo della provincia aquilana si popola in estate. In inverno restano solo poche famiglie, fa troppo freddo, non c’è lavoro, e i servizi scarseggiano, quindi niente i turisti.
Arrivando lo abbiamo trovato così: ancora quasi interamente zona rossa – esatto, per via del terremoto –, coperto dalla neve dei mesi passati e con il lago a un livello bassissimo*. Abbiamo camminato dove normalmente c’è solo acqua. È stato molto divertente, ma anche un po’ preoccupante. Speriamo che la situazione torni presto alla normalità.
*Per scongiurare il temutissimo rischio esondazione – in seguito alle scosse di terremoto tornarono sotto i riflettori parole come «effetto Vajont» e «tsunami», causando non poche crisi di panico – le autorità hanno deciso di abbassarne drasticamente il livello.
Infinita bellezza, tante domande
Lo spettacolo che ci siamo trovate davanti è di una bellezza disarmante. Un lago enorme metà solido metà liquido, le vette intorno ancora innevate e il borgo deserto. Uno scenario perfetto per scattare in libertà e ottenere immagini forti.
Una domanda, anzi tante restano: quanto tempo ancora la situazione dovrà rimanere così, immobile?
È davvero impensabile – o forse sarebbe più giusto dire irrealizzabile – riportare alla vita i piccoli borghi? È accettabile, ai giorni nostri, dover fronteggiare emergenze come quelle che hanno colpito le regioni dell’Italia centrale nei mesi scorsi?
Persone isolate per giorni e giorni, senza luce né riscaldamenti, senza contatti con il resto del mondo. Non è polemica quella che mi muove a scrivere questo pezzo, ma speranza. Vorrei creare uno spunto per riflettere, per fare domande e cercare risposte, smettendo di aspettare che piovano dall’alto.
Nella mia esperienza le risposte che funzionano sono sempre quelle che partono dal basso. Quelle che nascono dalla voglia di preservare, ricostruire, rianimare, per noi e per chi arriverà dopo, un territorio meraviglioso.
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